I buoni pasto, comunemente chiamati ticket, costituiscono mezzi di pagamento dal valore predeterminato erogati dalle aziende ai propri dipendenti, assunti sia a tempo pieno che contratto part time, anche se durante l’orario di lavoro non è prevista la pausa pranzo.
Vengono erogati in forma cartacea o elettronica in sostituzione del servizio di mensa aziendale e sono spendibili in esercizi convenzionati fino ad un massimo di otto in base a quanto stabilito da decreto ministeriale del 7 giugno 2017, n. 122 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 186 del 10 agosto 2017).
I buoni pasto vengono erogati da società terze, le quali stipulano un contratto di fornitura con le aziende clienti ed un contratto con gli esercizi commerciali affiliati. Ogni mese le aziende inviano alle società emittenti l’elenco dei nominativi ai quali erogare il buono pasto con il quantitativo da emettere.
Nel buono vanno indicati: il nominativo dell’avente diritto, l’indicazione della società emittente, la ragione sociale del datore di lavoro, il valore nominale di ogni singolo buono e la data di scadenza di utilizzo.
Dal punto di vista previdenziale e fiscale, secondo quanto indicato nell’articolo 51, comma 2, lettera c) del T.U.I.R., il buono pasto non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente:
c) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione (1);
Il buono pasto non è cedibile a terzi, non è commercializzabile e non è convertibile in denaro.
Negli ultimi tempi mi è capitato di analizzare dei cedolini di dipendenti non edili nei quali erano presenti delle voci relative all’erogazione di buoni pasto esposte nella colonna competenze con valore giornaliero pari a 5,29 euro, non soggetti a ritenuta previdenziale e fiscale, di conseguenza accreditati come netto in busta al lavoratore. Questa modalità di erogazione, come previsto dalla norma, è riservata ai soli lavoratori che prestano attività a carattere temporaneo come i dipendenti edili oppure coloro che prestano attività in zone dove manchino servizi di ristorazione, in tutti gli altri casi l’erogazione in busta paga del buono fa parte della retribuzione erogata al lavoratore ed è soggetta a contribuzione previdenziale e fiscale.
Salve vorrei informazione più dettagliate sui buoni pasto
Salve,
per informazioni più dettagliate può digitare la parola buoni pasto su Google. Sono certo che troverà tutte le indicazioni aggiuntive che le occorrono.
Cordialmente.
Scusi, ma credo sia da interpretare (e sono in buona compagnia)
Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:
– le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica (per tutti)
– le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione.
Il buono pasto e l’indennità sostitutiva sono due cose diverse.
Non ho ben inteso a cosa si riferisca, l’articolo di riferisce a buoni pasto erogati tramite il cedolino senza giustificato motivo. A parere di chi scrive i buoni pasto per usufruire dell’agevolazione fiscale\previdenziale non devono poter essere convertiti in denaro.
Cordiali saluti